Dopo la trionfale entrata della Carnival Dream nel mercato crocieristico mondiale, si ritorna a parlare di numeri, crisi e Fincantieri. Micky Arison, presidente della comp. Carnival, leader nel settore crocieristico, in una videoconferenza tenuta in occasione della presentazione dei dati di bilancio del terzo trimestre ha dichiarato che per quest’anno non ci saranno altri ordini di nuove navi per i cantieri europei. La dichiarazione di Arison – la sua compagnia è il primo cliente di Fincantieri e uno dei maggiori investitori stranieri nel nostro Paese – ha spiazzato gli osservatori: da più parti, infatti, si mormorava di un ordine in rampa di lancio per tre navi del valore di un miliardo e 700 milioni di dollari.
Tutti, sino ad oggi, avevano pensato a Fincantieri. Le dichiarazioni di ieri fanno pensare, quanto meno, a uno slittamento. In verità i dati di bilancio della compagnia Usa sono migliori di quanto non fosse stato previsto dagli analisti in un primo momento. Il terzo trimestre è stato chiuso con un utile netto di 1,1 miliardi di dollari contro gli 1,3 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. Il gruppo prevede che per l’intero anno la redditività salga a 2,16-2,20 dollari per azione, contro la stima precedente di 2-2,10. Merito delle prenotazioni last minute che hanno fatto alzare il fatturato e, in alcuni casi, permesso di alzare un po’ i prezzi ridotti al minimo nei mesi scorsi. Ma il problema non è quello dei conti: il problema è che un dollaro troppo debole scoraggia gli investimenti in euro.
«I prezzi fissati dai cantieri sono tornati a valori realistici, i livelli del 2003-2004 quando fissammo gli ordini, ma sfortunatamente il dollaro si è indebolito terribilmente negli ultimi 60 giorni».
Motivo per cui a Carnival hanno (avrebbero) deciso di prendersi una pausa. D’altronde, ha spiegato Arison, i marchi europei – l’italiana Costa Crociere in prima fila – hanno ancora navi in costruzione. L’ultima di queste sarà consegnata nell’estate 2012. Quindi, in questo caso, non ci sarebbe un bisogno urgente di pensare a ulteriori ampliamenti della flotta. Il brand che più di altri avrebbe bisogno di nuove navi è Princess, che opera nel mercato nordamericano. Ma il dollaro debole sconsigli manovre affrettate. Questa la situazione vista dal lato della compagnia crocieristica. In casa Fincantieri la vicenda si traduce così: tra tre anni, sarà consegnata all’armatore americano una sola nave per il marchio italiano Costa. Il che vuol dire che negli anni immediatamente precedenti il lavoro sarà scarso. Tanto è vero che è già partito il programma per circa mille procedure di cassa integrazione in tutti gli stabilimenti del gruppo, da Genova a Palermo passando per Marghera e Monfalcone. Fincantieri resta comunque, in un panorama difficile, una delle società più solide del Vecchio Continente: ha in portafoglio ordini per 2,9 miliardi di euro. E l’ambizione di non licenziare nessuno in questi anni difficili, anche se l’impatto sull’indotto sarà ugualmente devastante. In Europa tutti, d’altronde, si chiedono come far fronte alla crisi della cantieristica. Da più parte avanza la tentazione degli aiuti di Stato per salvare quelle aziende che, al contrario di Fincantieri, non hanno una specializzazione su un mercato di nicchia – le crociere – poco frequentato dagli aggressivi concorrenti asiatici. Ma gli armatori europei sono contrari: « Marnix van Overklift, presidente dell’Ecsa, è lapidario: «La bancarotta di alcuni cantieri europei è inevitabile. Questa è stata la lezione degli ultimi 25 anni” Tratto dal IlSecoloXIX
Lo stimolo alla domanda con denaro pubblico darebbe il via ad una rincorsa ai sussidi anche da parte dei costruttori asiatici, con il risultato che si aggraverebbe ulteriormente lo squilibrio tra domanda ed offerta, aggravando il già cronico eccesso di naviglio».