“partono e bastimenti per terre assai luntane.. cantano a buord so’ napulitane. cantano pe tremente
u puorto gia’ scumpare e a luna in miezzo o mare nu poco e napule le fa’ vere’. santa lucia luntana e te quanta malincunia, se gira o munne sano, se va’ a cercar fortuna, ma quanne spunta a luna luntana e napule nun se po’ sta. perso un uomo in mare tremman ‘ncoppa e corde quante ricorde oi ne’, quante ricorde. e o core nunno sane nemmeno co’ e canzone, sintenno voci e suone si mette a chiagnere per po torna’ santa lucia luntana e te quanta malincunia.”
IERI: Come viene cantato in questa famosa e celebre canzone napoletana di qualche anno fa, si partiva alla ricerca di una nuova vita, di nuove speranze, di nuove possibilità lavorative ma si partiva anche per cercare fortune migliori in una terra molto lontana sconosciuta. Le banchine dei porti erano colme di persone, di famiglie intere così come di singole persone, pronte con la loro semplice ed essenziale valigia di cartone, legata agli estremi da fili di spago a partire per una nuova vita.
In questa fiumana di persone speranzose che affollavano le banchine di molti porti italiani c’era anche chi si limitava ad accompagnare o andava a salutare un amico, un fratello, il proprio padre in partenza in cerca di una vita migliore. Nel nostro immaginario tali racconti ci portano alla mente scene che abbiamo visto e rivisto nei film, eppure il fenomeno emigratorio italiano del 1900 è stato qualcosa di reale che ha coinvolto molti nostri concittadini italiani di quasi tutte le regioni partiti in cerca di una speranza.
Tra la tristezza della partenza e la speranza dell’arrivo c’era un mare, un mare di desideri, di speranze, di malinconie, di quel malessere che l’emigrante si portava dentro fino allo sbarco. In mezzo al mare c’erano loro i veri signori del mare quei vari piroscafi e transatlantici che a colpi di novità tecnologiche quali poppa realizzata su modello chiamato “clipper” oppure su modello ad “incrociatore” si sfidavano negli oceani con il loro carico umano alla ricerca del nastro azzurro (Blue Riband), cioè quel riconoscimento che veniva attribuito alla nave passeggeri in regolare servizio che senza scali di rifornimento, avesse ottenuto il record di velocità media di attraversamento dell’Atlantico.
A titolo di cronaca, come potete leggere dopo una breve ricerca su internet, l’unica nave italiana che riuscì ad ottenere il Nastro Azzurro è stata il transatlantico Rex della Italian Line, che nel 1933, al comando del Comandante Francesco Tarabotto, partendo da Gibilterra, impiegò 4 giorni, 12 ore e 53 minuti per raggiungere il faro di Ambrose, situato all’imboccatura del porto di New York, ad una media di 28,92 nodi.
Altri tempi….. Continua… Mirko pazzoperilmare.com